Molto presto, Jaguar produrrà e venderà unicamente vetture con motore elettrico. La F-Type sarà infatti, salvo ripensamenti, l’ultima sportiva con motore a benzina del costruttore inglese. L’abbiamo guidata, intensamente, per un’ultima volta.
Se doversi congedare da un’auto che abbandona il motore a combustione interna a favore del solo propulsore elettrico non è mai facile, ancora meno lo è quando il motore in questione è uno di quelli che ha saputo emozionarci per oltre un decennio. Era infatti il 2013 l’anno in cui la Jaguar F-Type apparve sul mercato con quelle sue linee dal tocco esotico e speciale, che riescono ancora oggi a catturare numerosi sguardi, accompagnate da una colonna sonora altamente emozionante e un coinvolgimento alla guida che, una volta conquistatoti, non ti abbandonava più. Per congedarci da questo iconico modello abbiamo deciso di provare sia la versione Coupé che la Roadster, entrambe nella versione R75 creata per celebrare i 75 anni del marchio inglese, ed entrambe equipaggiate con l’impareggiabile V8 da 5 litri che, grazie al compressore volumetrico, è in grado di erogare 575 cv e 700 Nm.
Calarsi nell’abitacolo della F-Type rievoca molti ricordi, appagando al contempo con altrettante certezze. Il layout dell’abitacolo, incentrato sul conducente, è infatti ancora molto attuale e non ha richiesto modifiche particolari nemmeno per integrare le ultime novità a livello di infotainment. La posizione di guida è rimasta sportiva ma rilassata proprio come lo era allora, l’ambiente è lussuoso e i sedili sportivi, ben contenitivi, assicurano una dignitosa comodità anche nei viaggi lunghi.
Poi, arriva il momento di metterla in moto. Il V8 prende vita schiarendosi ampiamente la voce, proprio come me lo ricordavo, salvo poi assestarsi su tonalità (e volumi) più civili rispetto al passato. Anche in movimento, in effetti, sebbene non si fatichi più di tanto a riconoscerne la paternità, ciò che fuoriesce dallo scarico è più serio e sommesso. Il sound estroverso, sfacciato ed altamente emozionante – a tratti quasi brutale – è stato “castrato” dai filtri OPF e compagnia smorzando, ma per fortuna non uccidendo definitivamente, uno dei tratti caratteristici che rendeva unica la F-Type.
Tuttavia va detto che il propulsore resta uno tra i più godibili nel panorama odierno delle vetture sportive: un “cinquemila” che grazie al compressore volumetrico è elastico e pronto a qualsiasi regime, cristallino nella risposta dell’acceleratore, ma soprattutto capace di acquisire velocità con una determinazione impressionante. Senza dimenticare l’eccellente abbinamento con il cambio automatico a otto rapporti che è sempre ancora veloce e puntuale nell’assecondare le richieste di chi guida.
Se qualcuno mi dovesse chiedere che tipo di automobile sportiva sia la F-Type, risponderei senz’ombra di dubbio che è una di quelle di quelle in cui le sensazioni e le emozioni contano più delle fredde prestazioni numeriche. Non è infatti nata per trascorrere i fine settimana tra i cordoli alla ricerca della traiettoria perfetta, tant’è che per trarne il meglio, dal punto di vista prestazionale, non occorre spingerla al limite delle sue possibilità, ma fermarsi un pochino prima adottando uno stile di guida pulito e lineare. La sua priorità è il divertimento di guida, privilegiando l’interazione tra conducente e veicolo.
In generale il suo comportamento in curva varia, a dipendenza della situazione, da un sottosterzo piuttosto marcato a una tendenza chiaramente sovrasterzante, alternando momenti in cui le oltre 1,8 tonnellate massa si sentono tutte ad altre in cui, complice lo sterzo dall’elevata (e forse sin eccessiva) prontezza, sfoggia un’inaspettata agilità. Chi guida si ritrova quindi a gestire questi aspetti, con tuttavia l’apprezzata consapevolezza di poter influenzare e gestire, con un minimo di esperienza, il suo comportamento tra una curva e l’altra a proprio piacimento. Le sospensioni relativamente morbide, i pronunciati movimenti lungo l’asse verticale, l’efficacia del torque vectoring che lavora in simbiosi con il differenziale autobloccante posteriore e la stessa trazione integrale che privilegia (ampiamente!) il retrotreno permettono infatti di pennellare le curve nel modo in cui lo si desidera. Per esempio, in staccata giocando con i trasferimenti di carico il retrotreno mostra una simpatica tendenza ad allargare la traiettoria, ristabilizzandosi all’istante non appena si richiama in causa l’acceleratore e la trazione integrale, permettendo d’altro canto (se si insiste con il pedale destro) un’uscita di curva sovrasterzante. Mette insomma il divertimento e il coinvolgimento al centro dell’esperienza di guida, richiedendo buoni riflessi ma ripagando con altrettante emozioni e una buona sincerità.
Permettendo tuttavia anche i meno smaliziati una conduzione docile e non per questo meno coinvolgente, anche senza superare la prima metà del contagiri. Proprio come una vera Granturismo.
Testo Benjiamin Albertalli / Immagini zVg