Sulla nuova Panamera c’è un accessorio che cambia radicalmente la vettura e rappresenta una sorta di rivoluzione nella dinamica delle automobili. Scopriamo qual è.
Diecimila e centosessanta franchi svizzeri. È questo il prezzo da pagare per dotare la Panamera delle sospensioni opzionali Active Ride. Cosa siano e come funzionino da un punto di vista tecnico lo spieghiamo nell’approfondimento che trovate tra due pagine; quale effetto abbiano alla guida ve lo raccontiamo nelle prossime righe.
Iniziamo col premettere che Porsche aveva già alzato l’asticella in termini dinamici con il debutto della seconda generazione della Panamera, ormai quasi dieci anni fa, grazie all’introduzione degli stabilizzatori attivi. Se prima ci si affidava a tradizionali barre antirollio a rigidità fissa, dunque incapaci di adattarsi alla situazione, gli stabilizzatori attivi erano in grado – tramite motori elettrici – di generare una forza contraria al rollio, contenendolo il più possibile. Il sistema permetteva inoltre un intervento istantaneo e indipendente sui due assi, in base alla situazione o agli input del guidatore. All’epoca, lo consideravamo tutti, io compreso, un salto epocale.
Oggi, con l’arrivo della terza generazione della Panamera, quel sistema è ancora valido e convincente, ma l’Active Ride rappresenta una vera rivoluzione: tecnica perché si può fare a meno delle barre stabilizzatrici, funzionale grazie all’ampiezza del compromesso che riesce a offrire. Due, in particolare, sono i contesti in cui è evidente quanto la nuova Panamera alzi ulteriormente il livello.
Il primo è quello della guida quotidiana. In modalità comfort, la capacità di assorbimento delle sospensioni rasenta la perfezione, diventando un nuovo riferimento nella capacità di filtrare ostacoli e imperfezioni. L’auto fluttua letteralmente sull’asfalto, minimizzando i movimenti della carrozzeria e isolando quasi completamente gli occupanti da ciò che accade sotto le ruote. In curva, addirittura, il sistema è in grado di sovracompensare il rollio naturale, inclinando la carrozzeria verso l’interno della curva riducendo così la forza centrifuga percepita dagli occupanti, come accade su una moto. Lo stesso vale per il beccheggio: in accelerazione si solleva il retrotreno, in frenata l’avantreno. Il comfort, notevole, non va però a scapito del piacere di guida, grazie anche a uno sterzo che conquista sin dai primi metri per la sua omogeneità, rendendo l’auto piacevole da condurre anche a ritmi rilassati.
Il secondo scenario è quello in cui la Panamera, che ho sempre preferito definire una sportiva a quattro posti piuttosto che un’ammiraglia sportiva, riesce a mostrare appieno il proprio valore: la guida veloce. In queste condizioni, il sistema Active Ride non solo contrasta rollio e beccheggio, ma interviene sull’elastocinematica delle sospensioni per aumentare gli angoli di campanatura e massimizzare l’impronta a terra degli pneumatici. È difficile descrivere a parole il reale impatto di queste sospensioni sulla dinamica, ma posso fare un esempio pratico: affrontando una curva veloce in pista (in quarta) con le sospensioni impostate sulla taratura più rigida, pur non essendovi la benché minima parvenza di rollio le ruote interne hanno letteralmente “sorvolato” il cordolo, senza aver trasmesso alla scocca particolari scossoni o aver anche solo minimamente perturbato la stabilità del mezzo.
Tornando alla guida su strada, tra le mani ci si ritrova la Panamera di sempre. In modalità comfort sembra fatta per viaggiare all’infinito, mentre quando si decide di alzare il ritmo, l’auto tende i muscoli: sfrutta il baricentro basso, la generosa impronta a terra, e – a patto di essere dolci con lo sterzo nei cambi di direzione – affronta qualsiasi percorso con un’efficacia sorprendente per una vettura lunga cinque metri e vicina alle 2,5 tonnellate di massa. Il tutto con un comportamento che resta sempre prevedibile, anche nei pressi del limite di aderenza. Una dote rara considerando l’assenza quasi totale di rollio e beccheggio, che normalmente penalizzano proprio la comunicatività e la prevedibilità.
Quanto alle prestazioni, l’accoppiata tra il V8 biturbo e il motore elettrico è sì brillante, ma non toglie il fiato. Forse proprio perché le sospensioni fanno di tutto per mantenere stabile la scocca, l’accelerazione appare meno drammatica di quanto ci si aspetti. Si va forte, insomma, ma senza fuochi d’artificio. La grande corposità del motore si apprezza però soprattutto tra le curve, dove spicca la linearità di erogazione. Un po’ sotto le aspettative, invece, la rapidità di cambiata in modalità manuale. Il cuore ibrido plug-in consente in ogni caso consumi interessanti: in ambito urbano o a basse velocità si possono toccare i 9 l/100 km a batteria scarica, mentre su percorsi misti e in autostrada si sale intorno agli 11 l/100 km. L’autonomia in elettrico supera senza fatica i 60 km reali.
Cosa ci ha convinti meno? Forse l’abitacolo. Non per l’ergonomia – sempre perfetta, e in grado di far sentire l’auto cucita addosso – ma per alcuni dettagli. L’iconica chiave da ruotare a sinistra del piantone dello sterzo è stata sostituita da un semplice interruttore e la qualità percepita di alcuni materiali, come le bocchette d’aerazione, è leggermente calata rispetto alla generazione precedente. Peccati veniali, però, per un’auto sempre altamente desiderabile e che continua a stupire a ogni nuova generazione con le sue innovazioni tecniche.
Con il sistema Active Ride, Porsche introduce una nuova configurazione tecnica per il controllo del telaio, disponibile sulla nuova Panamera Turbo E-Hybrid (vedi test alle precedenti pagine). Si tratta di un sistema che si differenzia nettamente dai tradizionali assetti adattivi, sia per struttura sia per logica di funzionamento.
La base tecnica è costituita da ammortizzatori a doppia valvola attivi, abbinati a sospensioni pneumatiche a camera singola. Ogni ammortizzatore è collegato a una pompa idraulica elettrica che, in base alle condizioni di guida, genera un flusso di volume regolabile separatamente in fase di compressione e di estensione. Questo permette al pistone di muoversi rapidamente, estendendo o comprimendo la ruota in modo attivo e indipendente.
In pratica, le ruote non subiscono semplicemente la superficie stradale, ma la seguono in modo proattivo: vengono sollevate sulle ondulazioni e spinte negli avvallamenti, allo scopo di mantenere la carrozzeria più stabile possibile rispetto alle irregolarità del fondo. Gli ammortizzatori lavorano fino a 13 Hz, cioè possono adattarsi 13 volte al secondo, garantendo una risposta molto rapida in base alla situazione.
Un’altra particolarità è il fatto che questo sistema non richiede barre antirollio, poiché la funzione di contrasto al rollio è svolta direttamente dagli ammortizzatori stessi, che si occupano anche della stabilizzazione elettronica della scocca. In curva, il sistema può inclinare la vettura verso l’interno, riducendo la forza laterale avvertita dagli occupanti. In frenata e accelerazione, invece, il beccheggio viene compensato attivamente.