20.06.2025
Il nuovo presidente centrale (ticinese) illustra il suo impegno per un’ACS che continui a contare all’interno della politica nazionale nel segno della libera scelta del mezzo di trasporto.
Presidente Gianini, con quale spirito ha
assunto la presidenza dell’ACS nazionale?
Sono onorato per la fiducia che mi è stata
accordata e anche per il riconoscimento espresso nei confronti del Cantone
Ticino dai delegati nazionali, che 24 anni dopo Brenno Brunoni hanno nuovamente
scelto un ticinese alla testa dell’associazione nazionale.
Affronto questo nuovo incarico con grande
motivazione, pronto a impegnarmi per sostenere l’importanza e la tradizione del
nostro club e a difenderne i valori che lo contraddistinguono, quali la
passione per l’automobile e la libera scelta del mezzo di trasporto.
Cosa si porta dall’esperienza quale
presidente della sezione Ticino di ACS?
Innanzitutto, una profonda conoscenza della
nostra associazione, maturata sia alla guida della sezione ticinese, sia
durante i quattro anni passati nel comitato centrale. Ho potuto vivere da
vicino le diverse sfaccettature dell’ACS: dalla vita associativa, che intendo
promuover ulteriormente, all’importante ruolo nella politica dei trasporti.
In secondo luogo, l’esperienza maturata sul
territorio – questo anche come municipale e presidente di una commissione
regionale dei trasporti –, che mi ha permesso di confrontarmi direttamente con
le sfide del nostro sistema di mobilità. Il Ticino, in quanto cantone di
montagna e periferico, affronta problematiche particolari per garantire
collegamenti efficaci con le sue valli e con il resto della Svizzera. È pure un
cantone di frontiera, con un intenso traffico transfrontaliero, che necessita di
una gestione attenta e di soluzioni concrete, anche nell’interesse degli
automobilisti svizzeri che meritano strade in cui si possa ancora viaggiare senza
essere perennemente in colonna.
Quali saranno le sue priorità? Su quali
aspetti vorrà concentrarsi come presidente nazionale?
Le sfide principali sono in particolare due.
Da un lato, dopo che il mio predecessore (che ringrazio anche in questa sede) è riuscito a riportare la necessaria armonia e stabilità finanziaria all’interno dell’associazione, vi è l’esigenza di stabilizzare il numero di soci, oggi ancora 75.000, ma in calo.
Il loro numero è importante, perché – oltre a permetterci di finanziare la vasta gamma e la qualità dei servizi che vengono offerti – determina il peso dell’associazione nel dibattito politico. E, proprio nel momento in cui, dopo la bocciatura in votazione popolare lo scorso anno del finanziamento di sei progetti di ampliamento della rete autostradale, la Confederazione si appresta a definire una nuova strategia d’investimento nei trasporti, è necessario più che mai far sentire con autorevolezza anche la voce degli automobilisti.
Dopo quasi 130 anni di vita, l’ACS
rappresenta ancora una delle realtà di riferimento per la mobilità in Svizzera
– un ruolo che, assieme ai colleghi del comitato centrale e con le nostre 19
sezioni cantonali, intendo continuare a rafforzare.
Venendo a temi più politici: a suo
giudizio, le infrastrutture stradali – anche dopo il già evocato voto negativo
dello scorso mese di novembre – sono
ancora adeguate alle necessità odierne?
No, le infrastrutture stradali non sono più
ovunque all’altezza delle esigenze attuali. In diverse zone della Svizzera sono
ancora come furono progettate negli anni settanta e realizzate negli anni
ottanta del secolo scorso, con deficit di sicurezza e colli di bottiglia che
provocano colonne e traffico parassitario negli abitati adiacenti, senza
contare dove – ancora oggi – il traffico nazionale di transito si svolge al di
fuori dell’autostrada, come tra Bellinzona e Locarno, unico agglomerato urbano
della Svizzera a non essere direttamente collegato alla rete autostradale.
Altresì, dopo il no popolare ai sei progetti di ampliamento autostradale, ma anche dopo l’esplosione dei costi per garantire l’offerta ferroviaria 2035, la vera sfida è quella di riuscire a sviluppare la rete stradale nazionale e quella ferroviaria, in modo moderno ed efficace, in sinergia. Considero in questo senso positivo che il Dipartimento competente abbia chiesto una valutazione scientifica al Politecnico federale di Zurigo, non più ragionando a compartimenti stagni, ma appunto in modo complementare sia con riguardo alla rete stradale nazionale, sia a quella ferroviaria, sia ancora al traffico d’agglomerato, che concorrono – tutti assieme – a garantire la mobilità e la libertà di movimento all’interno del nostro Paese.
È una visione che condivido e che intendo
sostenere anche come presidente nazionale dell’ACS: una politica dei trasporti non
preclusiva (come cerca di imporla chi è contrario a priori agli automobilisti),
ma inclusiva e intermodale, beninteso nel segno della libera scelta del mezzo
più adatto alle proprie esigenze.
In che modo pensa di collaborare con le
autorità federali? Crede vi sia ancora margine per portare il pensiero dell’ACS
e con esso la voce degli automobilisti all’interno del dibattito politico?
Assolutamente sì. Questo nuovo incarico mi
offrirà l’opportunità di intensificare i contatti con i vari attori
istituzionali, in particolare a livello federale. Penso in particolare anche
nei gruppi di lavoro che sono adesso attivi nell’elaborazione della nuova
strategia "Trasporti 45", dove sarà fondamentale ribadire la
complementarietà dei diversi mezzi di trasporto e quindi anche il ruolo
centrale della mobilita individuale motorizzata.
L’ACS intende continuare a essere una voce
costruttiva, ma determinata, capace di rappresentare con credibilità le
esigenze degli automobilisti e di contribuire al dibattito sulla mobilità con
proposte concrete e orientate al futuro.
Come lascia ACS Ticino? E quale augurio
di sente di fare a chi le succederà alla presidenza?
Lascerò la presidenza della sezione
ticinese in occasione della prossima assemblea, prevista nel mese di novembre.
Sarà un momento carico di emozione, perché in questi anni mi sono profondamente
immedesimato nella sezione cantonale, nel cui comitato siedo oramai dal 2016.
Alle mie colleghe e ai miei colleghi,
attuali e futuri, che continueranno il lavoro, lascio con orgoglio una sezione caratterizzata
da un team affiatato, che viene riconosciuta anche dall’amministrazione
centrale come una delle più attive della Svizzera.
A chi mi succederà auguro di riuscire a
preservare l’armonia che attualmente si respira all’interno della sezione. È un
valore importante per lavorare bene e continuare a servire al meglio i nostri
soci e i valori dell’ACS, che esiste in Ticino da più di cento anni.